Norino Plotegher, un goriziano fra Vigevano e Forlì


In attesa della sfida fra Unieuro Forlì ed Elachem Vigevano non potevamo tralasciare i ricordi vissuti da un grande giocatore che ha partecipato attivamente alle sorti delle due squadre. Parliamo del goriziano Norino Plotegher (nella foto a destra, mentre a sinistra è Dado Lombardi nello spareggio fra Brina Rieti e Vigevano del 1972/73, ndr) , oggi 81enne, una vita passata a giocare a pallacanestro, che a Vigevano ha attaccato le scarpette al chiodo e ci vive tuttora insieme alla moglie vigevanese Marisa e all'inseparabile Thor, il Jack Russell regalatogli dal figlio. Il suo curriculum cestistico è composto da quattro anni a Gorizia, uno a a Forlì che gli valse la promozione in Serie A proprio contro la Ramazzotti Vigevano e ben sei a Vigevano a partire dal Campionato di Serie B 1967/68. " A Gorizia mi dividevo tra gli allenamenti e il lavoro in fabbrica" - ci racconta -, facevo il tornitore, tutto andava bene finché l'Azienda Safog, sponsor della Goriziana, entrò in crisi e smise di pagare, ricordo che non facemmo la trasferta a Brindisi, proprio per quel motivo. L'anno successivo mi vollero a Forlì e mi presero a gratis, fu la prima volta che mi allontanavo da casa, mi trovai benissimo, la gente ti riconosceva per strada, ti voleva bene e t'incitava sempre, pensa che io dovevo fare la patente di guida, un giorno si fermò un signore sulla sua auto e mi disse: "Norino salta su che ti faccio guidare" e io gli risposi che non ero capace e ancora lui, ridendo, mi fece capire di non preoccuparmi perché quell'auto aveva i doppi pedali! Dormivo in camera insieme a Tesoro, molti tifosi mi chiamavano capitano, ma il vero capitano era il play De Fanti, un forlivese tutto sangue e forfora! Fu un anno incredibile, vincemmo il campionato all'ultima giornata davanti alla squadra di Guerrieri, noi vincemmo a Trieste e loro persero a Udine contro la Snaidero".

"La prima volta di Forlì nella massima serie, Piazza Saffi fu un tripudio di bandiere nero-arancioni. Ma chi l'avrebbe mai detto che i rivali di quell'anno, cambiarono per sempre la mia vita! Mentre si stava allestendo la squadra per la massima serie, notai che giravano nomi altisonanti e pensai che per me lo spazio sarebbe stato limitato e Guerrieri da Vigevano mi fece una corte spietata finché andassi a giocare in Lomellina. Decisi di affrontare la dirigenza forlivese chiedendo di alzarmi lo stipendio, forse sbagliando, dicendo loro che Vigevano mi voleva e mi diedero l'okay per venire a parlare con il Comm. Colombo a patto che, in caso di accettazione, tornassi indietro con un milione e mezzo di lire per loro. M'incazzai perché mi avevano preso da Gorizia senza spendere soldi, ma accettai. Ma io avevo bisogno dei soldi per comprarmi l'auto, allora di mia iniziativa, decisi di aggiungere altre quattrocento mila lire, giusto i soldi che mi mancavano per l'automobile. Arrivai in treno a Vigevano, ad aspettarmi ci fu il mitico dirigente Pancio che mi portò da Colombo. Al ragioniere gli dissi i miei desideri e lui, senza fare una piega, dal cassetto della sua scrivania, tirò fuori un libretto di assegni e mi diede i soldi. Poi gli dissi che essendo orfano di guerra, avrei desiderato avere un posto lavorativo statale perché a Forlì ci avrebbe pensato l'Onorevole Gino Mattarelli divenuto presidente onorario della Libertas e il Commendatore, con tanta fierezza, mi disse sorridendo che essendo tutti della stessa parrocchia, anche lui aveva il suo Onorevole (Rumor). Tornai in Romagna soddisfatto e diedi l'assegno alla Società facendomi dare la differenza dei soldi per l'auto".

"Da quel momento iniziò la mia grande avventura a Vigevano, Colombo e Guerrieri fecero le cose in grande e con me arrivarono fior fiori di giocatori a partire da Binda, Longhi, Gnocchi e Tonutti con cui divisi il primo alloggio in Via Sacchetti. Dimenticavo, a Vigevano arrivò anche la mia auto una Fiat 850 Coupé che usavo insieme a Tonutti, più che altro, per fare le "vasche automobilistiche in centro città" che allora si potevano fare e dove conobbi, in seguito ad una festa, mia moglie. Un altro giocatore con cui andavo d'accordo era Ferri e il punto di ritrovo era il Bar a San Bernardo, un giorno leggendo il Guerin Sportivo trovai scritto che Chico Ovi disse che fu un grande errore lasciare partire Plotegher da Forlì, quasi come giustificazione per la retrocessione dalla massima serie della Becchi. Li andai a vedere al Palalido contro il Simmenthal, si presentarono in campo in nove che un tifoso giunto da Forlì, vedendomi mi disse: "Norino, vai a cambiarti, dài abbiamo bisogno di te!". Mi venne incontro a salutarmi anche Rubini. Una volta venne a Gorizia a vedere la partita e tutti dissero che era lì per seguire Brumatti, ma lo avevano già acquistato da tempo e lo parcheggiavano tra Gorizia e Trieste in attesa di portarlo definitivamente a Milano. Invece, quel giorno venne per vedere me e mi prese anche, tutto si bloccò quando venne a sapere che avevo 22-23 anni anziché 19 come gli avevano suggerito".

"Tornando ai quei tempi, devo quasi tutto a Mario De Sisti, l'unico allenatore che capì che ero più bravo in difesa che in attacco, facendomi diventare quello che poi i tifosi vigevanesi e non solo, hanno potuto apprezzare, tanto da essere stato anche il loro capitano. Non andai mai d'accordo con coach Bertoldi, io non gli piacevo. Giocammo contro Forlì a Cremona in campo neutro, avevamo il campo squalificato. Mi lasciò fuori dal quintetto iniziale preferendo Longhi, poi si dimenticò del sottoscritto finché la magica mano sulla spalla del Presidente Colombo non gli fece cambiare idea, ma il danno di perdere quell'incontro tanto importante per noi ormai era quasi fatto, Tony Gennari segnò trenta punti e io presi 70.000 lire di multa da Colombo per la sconfitta che ancora oggi non ho mai "digerito". In una fase dell'incontro, Gennari, che era in possesso di un atletismo quasi disumano, se si può dire, partì velocemente in contropiede e da solo andò a canestro, secondo il Presidente avrei dovuto fermarlo rincorrendolo e bloccarlo da dietro sui piedi, insomma, avrebbe voluto vedere un bloccaggio in stile rugbistico piuttosto che prendere canestro!". Così parlò Norino, il nostro capitano.

Roberto Bernardini